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Silvia Cirabolini e Alberto Soana di Ghostarchitects

Perché per Silvia Cirabolini e Alberto Soana l’architettura è una cosa seria

I fondatori dello studio milanese Ghostarchitects, Silvia Cirabolini e Alberto Soana, e la loro visione della progettazione d’interni

di Daniela Stasi

Sei architetto anche tu? Mi dispiace!», ha detto lui quando si sono conosciuti. «Però i colori li decido io», ha detto lei quando hanno scelto di intrecciare le loro professioni. Lei e lui, insieme nella vita e nel lavoro: Silvia Cirabolini e Alberto Soana, fondatori dello studio milanese Ghostarchitects. Un’intervista speciale, questa, ricca di professionalità, di sguardi in avanti e di ironia. Sì, di buona ironia, quella che fa sorridere ma anche pensare, che dimostra come non sia necessario salire su un piedistallo per far capire che si sa fare il proprio mestiere. Perché, come insegnano i grandi, i veri grandi, più si è consapevoli del proprio agire, e meno si ha bisogno di atteggiarsi e indossare maschere. A tutte le domande, Silvia e Alberto, tra casa e bottega, hanno risposto all’unisono, forti di una solida conoscenza reciproca.

L’intervista completa a Silvia Cirabolini e Alberto Soana di Ghostarchitects

Come definireste il vostro studio? 

In un Paese dove gli architetti sovrabbondano il nostro studio è una piccola realtà che gioca con ironia sul suo essere sconosciuta e impalpabile rispetto ai grandi nomi e ai grandi studi, cercando di mostrarsi e far parlare di sé con i progetti che gli vengono affidati. Specialità? Fare di ogni progetto un’occasione per realizzare interventi unici in cui i clienti possano sentirsi a casa, ma tutti con un comune denominatore Ghost. 

Alberto, ci racconti chi è Silvia Cirabolini 

«Mi dispiace ma quel cartongesso è fuoripiombo, va rifatto»: Silvia è il terrore dei muratori. Credo sia nata con la verticalite e il parallelismo, due malattie croniche che ti costringono a fare questo mestiere. Silvia è milanese doc, come me ha conseguito la laurea al Politecnico ma intanto lavorava: dopo una prima scorpacciata di cantieri, una maternità e il Coronavirus, oggi è più lucida, ma ancora si entusiasma per un parquet posato bene e per i dettagli che «alla fine fanno la differenza». Lavoro con lei perché ha il fuoco sacro per il mestiere e per l’handmade: da bambina invece di andare alle giostre frequentava il Brico, e ancora oggi preferisce i ferramenta ai negozi di scarpe. È precisa al limite dell’insopportabile, motivo per cui i clienti preferiscono sempre lei a me. Silvia adora il grigio, ed è bene annunciarlo al mondo, perché affidandosi ai Ghosts alla fine di una estenuante stagione di lavoro le case dei nostri clienti avranno qualche parete grigia, di cui saranno orgogliosi.

Silvia ora tocca a te, chi è Alberto Soana?

Architetto con la passione per la bicicletta e, siccome gli pareva poco, pure scrittore. Ma il primo amore non si scorda mai: alla fine l’architettura non l’ha mai lasciata, ne ha fatto la sua professione da ormai 20 anni. Alberto vive e lavora con me, e con la sua bicicletta, a Milano. La bici è quella con cui ha attraversato in solitario gli Stati Uniti d’America e con cui ora progetta di portare a spasso la piccola Amelia. Ho scelto di lavorare con lui per la passione, la curiosità e l’ironia con cui affronta il mestiere di architetto, anche se – come dice lui – l’architettura è una cosa seria. Ha una passione insana per gli armadi sghembi, il legno e le porte scorrevoli a tutta altezza. Il suo motto preferito è “giù tutto!”, intendendo i muri ovviamente. 

Come considerate oggi la progettazione di interni, qual è la vostra visione? Cosa pensate sia prioritario nel progettare? La funzionalità, il comfort, la fruibilità, l’estetica? 

Il ruolo dell’architetto d’interni innanzitutto è quello di plasmare i vuoti, lavorare sull’aspetto distributivo, sulla percezione dello spazio, e poi dare un’anima agli ambienti partendo dalle esigenze e dalle suggestioni che il cliente gli trasmette. In un certo senso ogni volta demoliamo e ricostruiamo la casa, ripartendo dai suoi elementi essenziali, i muri. L’aspetto distributivo nel nostro metodo è prioritario, insieme a quello funzionale, semplicemente perché le case in cui viviamo hanno spesso dimensioni limitate, e il contenimento è un tema sensibile che va sempre soddisfatto. Dal punto di vista estetico i clienti con cui lavoriamo per fortuna non ci danno quasi mai carta bianca, ci chiedono di tramutare in realtà delle idee che hanno maturato sfogliando riviste, esplorando siti, curiosando nelle vetrine, nelle case di amici e conoscenti. Il nostro obiettivo è trovare il miglior compromesso tra la funzione e l’estetica, lasciare la nostra impronta senza che questa nasconda l’anima del cliente. I nostri progetti sono spesso uno diverso dall’altro anche per questo, ma un occhio attento può cogliere la nostra mano in ognuno di essi.

È l’architetto che condiziona le nuove tendenze e lo sviluppo di nuovi prodotti o viceversa è il mercato che condiziona la visione dell’architetto? 

Parlando della moltitudine di architetti che lavorano nell’interior e non di poche archistar è certamente il mercato a condizionare le tendenze e la ricerca nel campo dei materiali. Nel secolo scorso le aziende e gli architetti erano pochi e quei pochi avevano una maggiore influenza sulle aziende, basti pensare ai grandi designer degli anni ‘60. Nel campo dei materiali la ricerca è sempre più polarizzata da temi che solo chimici, ingegneri e scienziati possono risolvere, l’architetto nel processo arriva dopo, con le sue scelte decreta cosa potrà funzionare oppure no, ma si muove in recinti sempre molto circoscritti, disegnati da un mercato che orienta fortemente le scelte degli utenti.

Secondo voi come si evolveranno i materiali in futuro? 

Nel campo dei rivestimenti diverranno sempre più centrali i temi della leggerezza e dell’interattività: superfici dalle texture più svariate ma capaci di adattarsi a un ambiente domestico sempre più tecnologico. Potrebbe non essere lontano il tempo di un pavimento che cambierà colore con la temperatura, o secondo il desiderio dell’utente, oppure di un divano che si trasforma in letto con un’applicazione dello smartphone. Le superfici vanno sempre più verso la performance: resistenza, durezza, flessibilità d’uso, non a caso il gres dai pavimenti è salito di quota e ora viene usato per i piani di lavoro. E poi texture, finiture e colori in cataloghi sempre più estesi, per offrire all’utente la possibilità di una totale personalizzazione del prodotto.

Quando progettate un nuovo interno che peso date ai materiali? 

I materiali sono fondamentali per dare un carattere ben definito agli ambienti, ma per noi vengono sempre dopo un lavoro sulla progettazione degli spazi nudi e crudi. Nella scelta dei materiali lavoriamo senza pregiudizi nei confronti di ciò che offre il mercato. Nei nostri progetti di residenze i pavimenti in parquet recitano spesso un ruolo importante, sovente condividiamo con i clienti l’immagine della casa come focolare, un luogo accogliente dove il legno – anche se concentrato nello spessore di pochi millimetri – è ancora capace di trasformare davvero quell’idea in realtà.

Per saperne di più visita il sito
www.ghostarchitects.it

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